I nomi di strade e piazze rappresentano la nostra eredità culturale, ciò che decidiamo di tenere o tralasciare del passato, svelano quali parti della storia orientano il presente.
Per la maggior parte di noi gli indirizzi sono strumenti puramente logistici e amministrativi, ma in realtà raccontano la storia di come il potere sia cambiato nel tempo.
Chi decide quali nomi ricordare? E se le strade intorno a noi commemorano carnefici e tiranni, abbiamo la responsabilità civile di modificarli oppure li assumiamo come un precipitato storico immutabile? E se sono dedicate quasi sempre solo a uomini?
L’avvicendarsi di gruppi di potere/regimi/governi determina spesso modifiche ai nomi delle strade anche per consolidare una certa omogeneità del territorio e della memoria collettiva. Si fa leva su “miti fondativi”o figure simboliche, come Alberto della Marmora. In Italia è un processo che si rileva dopo l’unificazione della penisola nel 1861.
Per fare questo, si trasforma l’odonomastica delle città in una cartografia di appartenenza, che va di pari passo con la narrazione storiografica.
Alberto della Marmora

È stato un generale dell’esercito sabaudo, naturalista, cartografo e uomo politico.
Intervenne in almeno due occasioni per dirimere conflitti e sollevazioni popolari in vesti di intermediario e commissario ufficiale. Nel 1848 l’azione del “commissario straordinario della Marmora suscitò le proteste di Giorgio Asproni, deputato sardo anti-piemontese, che lo accusò di violenze repressive, ma in generale è narrato come “amico dei sardi”.
È famoso soprattutto per due opere: Voyage en Sardaigne de 1819 à 1825 (1826, 1839-1840), e Itinéraire de l’île de Sardaigne (1860).
Voyage en Sardaigne. Il testo contiene le sue osservazioni, le statistiche, le ricerche sull’ambiente naturalistico e sul patrimonio archeologico della Sardegna, nonché sulle attività economiche e sull’amministrazione.
Fece parte di questa attività di mappatura dettagliata anche un corpus di rappresentazioni cartografiche, le prime così dettagliate sulla Sardegna.
Itinéraire de l’île de Sardaigne. Fu pubblicato a Torino nel 1860, incontrò il favore del pubblico; dell’opera il canonico Giovanni Spano, suo amico personale, curò la traduzione nel 1868 col titolo di Itinerario dell’isola di Sardegna del Conte Alberto Ferrero Della Marmora. Questa seconda opera è più specificatamente dedicata al viaggiatore, come una sorta di “guida turistica” in cui sono indicate le cose che non si può trascurare di vedere e conoscere.
Perché sono considerate significative queste opere?
Sono definite importanti testimonianze che rappresenterebbero, da differenti angolazioni, l’Isola ed i suoi abitanti.
Ad esse è riconosciuto trasversalmente il merito di rilevare e presentare in modo sistematico e articolato natura e società, storia e geografia, arte e archeologia, sedi ed economia, lingua e tipi umani, organizzazione territoriale e beni demo-etno-antropologici.
L’importanza di un atteggiamento critico
Di cosa bisogna tenere conto?
Il punto di vista: anche dando per assodata la buona fede e l’approfondita conoscenza “delle cose sarde” da parte di Della Marmora, il suo lavoro va ricondotto a una cultura di stampo colonialista.
1) Aspetto culturale e storico
Nell’introduzione al Voyage, La Marmora si propone di far luce “sull’oscurità che avvolge le prime epoche storiche della Sardegna, su una regione che per tanti secoli ha avuto nella storia un ruolo puramente passivo”.
Sardegna vista come spazio marginale, sconosciuto e misterioso, dimenticata dal progresso, “fuori dal tempo” dove erano perfettamente applicabili i codici del bello, del sublime, del pittoresco e dell’esotico.
2) Aspetto economico
Non va dimenticato che la Sardegna si proponeva all’attenzione anche come spazio economico per il grande capitale borghese.
Sebbene l’ottenimento di informazioni autentiche circa le risorse sarde non sia tra gli intenti di Della Marmora, il suo lavoro diede inizio a un processo di indagini sia sull’esistenza di potenziali mercati, sia su eventuali risorse da prelevare, trasformare o commerciare.
3) Aspetto militare.
Il regime sabaudo puntò alla repressione violenta di ogni moto di ribellione: la conoscenza del territorio agevolò le azioni di carattere militare e di controllo.
Perché è importante acquisire un punto di vista critico su figure come Dalla Marmora?
Non per sminuire la portata del loro contributo alla conoscenza, ma per considerarli per quello che sono, senza cedere a romanticizzazioni. È fondamentale tenere conto della complessità del contesto storico: tralasciare l’impatto che ebbero, e le conseguenze sulla Sardegna, comporta il consolidamento di una ricostruzione parziale. È altresì importante ridimensionarne il ruolo nell’ambito della cultura e della storia sarda a favore del recupero di un punto di vista interno, ribaltando le relazioni di potere (anche) narrativo.
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